PENALE: DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA. L’EVENTUALE ERRONEA INTERPRETAZIONE DEGLI ATTI TECNICI SONO DA CONSIDERARSI MANIFESTAZIONE DI UN ERRORE SCUSABILE EX ART. 51 COD. PEN.. (documento correlato: Corte di Appello di Catanzaro, Sezione Prima Penale, sentenza n. 1079 del 19 aprile/04 luglio 2017).

 

La vicenda processuale: Il giornalista estensore di un articolo di stampa pubblicato nell’anno 2009 di un quotidiano regionale calabrese e il suo Direttore venivano condannati in primo grado dal Tribunale di Cosenza per aver leso l’onore e il decoro dell’Ufficiale Giudiziario presso il Tribunale di Vibo Valentia che, sebbene fosse stato sottoposto ad indagini in un procedimento inizialmente aggravato dal reato per la metodologia mafiosa, comunque lo stesso non era mai stato destinatario di alcun avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis c.p.p.. Il primo giudice riteneva che nonostante il tecnicismo degli atti processuali (caduta dell’aggravante della metodologia mafiosa ex art. 7 della legge antimafia con provvedimento di stralcio e trasmissione degli atti dalla D.D.A. di Catanzaro alla Procura ordinaria presso il Tribunale di Vibo Valentia, in luogo di un insussistente provvedimento di conclusione delle indagini) il giornalista e il suo direttore andavano ugualmente condannati anche se il contenuto dell’articolo, per riconoscimento dello stesso giudicante di prime cure, era scritto in maniera asettica e rispondente ai fatti tranne per l’atto procedimentale errato riportato nell’articolo incriminato. La condanna si basava sulla considerazione che il giornalista, col proprio articolo, aveva diffuso notizie non corrispondenti al vero e delle quali era facile evincersi una condotta complice e collusa dell’Ufficiale Giudiziario vibonese con la malavita organizzata in cui si annidava come “talpa” un maresciallo dell’arma dei carabinieri. Diversamente a quanto richiesto dal legislatore, al fine di ritenere legittimo il diritto di cronaca esercitato, il giornalista non avrebbe operato accertamenti idonei ad accertare la veridicità dei fatti narrati. Il giornalista e il direttore interponevano atto di gravame e la Corte di appello di Catanzaro, in riforma integrale dell’impugnata sentenza, li assolveva dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste. La Corte, pur rilevando la maturata prescrizione dei reati, ha ritenuto sussistente i requisiti previsti dall’art. 129 c.p.p. per pervenire ad una assoluzione nel merito.

 

La decisione della Corte di Appello di Catanzaro: la Corte territoriale catanzarese ha affrontato anche delle questioni preliminari, ritenendole di poterle superare, per poi passare al merito del processo nonostante l’intervenuta prescrizione dei reati. Il giornalista appellante aveva rilevato che il giorno immediatamente successivo alla pubblicazione dell’articolo incriminato, con grande correttezza e serietà professionale, aveva pubblicato un altro articolo (c.d. di approfondimento e da tenere distinto dal c.d. articolo di rettifica che di solito chiedono coloro che si ritengono lesi) precisando la natura degli atti procedimentali (si trattava di uno stralcio e non di un avviso di conclusione delle indagini preliminari) ma si spingeva, addirittura, oltre esprimendo un giudizio prognostico favorevole all’indagato scrivendo di una probabile richiesta di archiviazione. La difesa dell’appellante sottolineava che la notizia pubblicata nell’articolo “incriminato” non poteva considerarsi come una notizia falsa in quanto il giornalista era stato indotto in errore scusabile dall’eccessivo tecnicismo degli atti in questione. Era, quindi, di tutta evidenza, inoltre, il diritto/dovere dell’esercizio del diritto di cronaca in capo al giornalista che si doveva attivare nella ricerca delle notizie al fine di attuare un compiuto pluralismo democratico nell’informazione dei cittadini. Per gli addetti ai lavori, Giudici ovvero operatori del diritto, è agevole distinguere la diversa tipologia degli atti (avviso di conclusione delle indagini preliminari e/o stralcio delle indagini) ma non lo è certamente per un giornalista a cui viene riferita una notizia vera e di interesse per la pubblicazione che deve avvenire in tempi ristretti e veloci al fine di battere la concorrenza. Tra l’altro, si rilevava nei motivi di appello, che il giornalista e il suo Direttore avevano, nell’immediatezza della pubblicazione della notizia, contattato gli uffici della Procura ordinaria di Vibo Valentia interloquendo con alcuni Sostituti procuratori. Si evidenziava, inoltre, che ci si trovava difronte al c.d. giornalismo d’inchiesta quale “species” più rilevante dell’ attività di informazione, connotata (come riconosciuto anche dalla Corte di Strasburgo)  dall’acquisizione “autonoma”, “diretta” e “attiva” della notizia da parte del professionista e non mediata da “fonti” esterne mediante la ricezione “passiva” di informazioni. Ciò comporta, in relazione ai limiti regolatori dell’esercizio del diritto di cronaca e di critica già individuati dalla giurisprudenza di legittimità, una meno rigorosa, e comunque diversa, applicazione della condizione di attendibilità della fonte della notizia soprattutto ove ci si trovi in presenza di atti tecnici procedimentali come nel caso che ci occupa. La Corte di appello calabrese sposava pienamente la tesi degli appellanti e motivava sul punto ritenendo sussistente la scriminante dell’errore scusabile e il legittimo esercizio del diritto di cronaca come giornalismo d’inchiesta. La Corte di appello basandosi, fra l’altro, su pronunce della Suprema Corte di Cassazione che hanno statuito, com’è noto, che “…il diritto di cronaca, può comportare qualche sacrificio dell’accuratezza della verifica del fatto narrato e della bontà della fonte per esigenze di velocità…” ed ancora “…ricorre l’esimente dell’esercizio del diritto di cronaca qualora, nel riportare un evento storico vero, siano rappresentate modeste e marginali inesattezze…” (Sez. Prima, sentenza n. 13941 del 08/01/2015 Ud. e depositata in data 02/04/2015 nonché Sez. Quinta, sentenza n. 41099 del 20/07/2016 Ud. e depositata in data 30/09/2016) così si è espressa nella sentenza assolutoria: “…appare evidente che il B. abbia esercitato correttamente il proprio diritto di cronaca ricostruendo i fatti in maniera logica e pertinente, in quanto, sebbene non destinatario di avviso di conclusione delle indagini, all’epoca dei fatti il D. era certamente ancora indagato per il reato di abuso d’ufficio nell’ambito del procedimento M.2”. Inoltre, a riprova della serietà e professionalità, il B. stesso, senza alcuna richiesta di rettifica da parte della persona offesa, ha personalmente provveduto in data 4 marzo del 2009… alla pubblicazione sullo stesso giornale di un approfondimento della notizia pubblicata il giorno prima…”.

La Corte ha ritenuto, quindi, che in capo al giornalista era insussistente una qualsivoglia volontà di arrecare un qualche danno all’immagine o all’onore della persona offesa. Proprio la tempestività della “rettifica”, contrariamente a quanto sostenuto dal primo giudice, ha potuto ristorare pubblicamente la persona offesa da un danno alla propria immagine. La sussistenza della scriminante ex art. 51 cod. pen. è rappresentata dal fatto che la notizia pubblicata non è di “lapidaria colpevolezza”, essendo indicati i termini problematici e i necessari sviluppi processuali destinati all’obiettivo riscontro degli elementi raccolti dal giornalista. In conclusione la Corte di appello catanzarese, che ha riformato integralmente la sentenza del Tribunale cosentino, ha ritenuto sussistente la sostanziale verità dei fatti (che non deve, quindi, intendersi come corrispondenza assoluta) nonché i requisiti della continenza e dell’interesse pubblico alla divulgazione della notizia (erano interessati al procedimento un Ufficiale Giudiziario e una “talpa” dell’arma dei Carabinieri all’interno di un pericoloso sodalizio criminoso calabrese). Cosa più rilevante è la statuizione che l’eventuale erronea interpretazione degli atti tecnici procedimentali sono da considerarsi manifestazione di un errore scusabile!

 

Avv. Luigi CIAMBRONE

– Patrocinante in Cassazione e Magistrature Superiori –

 

  • Articolo pubblicato su Diritto & Giustizia, Giuffrè Editore Milano, del 12 settembre 2017.
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