Annullata la nomina del Presidente della Corte di Cassazione
Magistrati – Magistrati ordinari – Presidente aggiunto della Corte di cassazione – Nomina – Difetto di motivazione – Illegittimità – Fattispecie.
E’ illegittima la nomina del Presidente aggiunto della Corte di cassazione per carenza di motivazione, particolarmente necessaria a fronte, rispetto all’altro candidato, di minore esperienza quantitativo-temporale non colmabile con quella di componente del Csm, di una minore anzianità quale Presidente di Sezione e di una ridotta partecipazione nelle Sezioni Unite, ferma restando l’ulteriore attività valutativa del Csm, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento, restando pertanto piena (ed esclusiva) la discrezionalità delle valutazioni di merito sulla prevalenza di un candidato rispetto agli altri (1).
(1) Ha ricordato la Sezione che per consolidata giurisprudenza il Testo unico sulla dirigenza giudiziaria, difettando la clausola legislativa a regolamentare e riguardando comunque una materia riservata alla legge (art. 108, 1° comma, Cost.), non costituisce un atto normativo, ma un atto amministrativo di autovincolo nella futura esplicazione della discrezionalità del Csm a specificazione generale di fattispecie in funzione di integrazione, o anche suppletiva dei principi specifici espressi dalla legge: vale a dire si tratta soltanto di una delibera che vincola in via generale la futura attività discrezionale dell’organo di governo autonomo ((in termini, tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2021, n. 6476; id. 26 maggio 2020, n. 3339; id. 28 febbraio 2020, nn. 1448 e 1450; id. 7 febbraio 2020, n. 976; id. 22 gennaio 2020, n. 524; id. 9 gennaio 2020, nn. 192 e 195; id. 7 gennaio 2020, nn. 71 e 84; id. 2 gennaio 2020, nn. 8 e 9; id. 2 agosto 2019, n. 5492; id. 17 gennaio 2018, n. 271; id. 6 settembre 2017, nn. 4215 e 4216). Per conseguenza il Testo unico non reca norme, cioè regole di diritto, ma solo pone criteri per un futuro e coerente esercizio della discrezionalità valutativa dell’organo di governo autonomo: sicché un successivo contrasto con le sue previsioni non concretizza una violazione di precetti, ma un discostamento da quei criteri che, per la pari ordinazione dell’atto e il carattere astratto del primo, va di volta in volta giustificato e seriamente motivato. Ove ciò non avvenga, si manifesta un uso indebito e distorto di quel potere valutativo, vale a dire ricorre un eventuale vizio di eccesso di potere, non già di violazione di legge. In ipotesi di denunciato contrasto con il Testo unico, dunque, il sindacato di legittimità del giudice amministrativo deve vagliare se in concreto siano stati indicati e adeguatamente dimostrati esistenti i detti presupposti per derogarvi. Al tempo stesso, ove si rilevi che una previsione del Testo unico si pone in contrasto con la legge, andrà senz’altro ritenuta priva di effetti e non applicata dal giudice, quand’anche non espressamente impugnata.
Il Testo unico, a fronte delle previsioni dell’art. 12 d.lgs. n. 160 del 2006 in relazione al conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi (fra cui le funzioni direttive superiori giudicanti di legittimità, cui si riferisce in particolare il citato art. 12, comma 11, d.lgs. n. 160 del 2006) individua i due parametri generali delle «attitudini» e del «merito» ai fini della valutazione comparativa dei candidati, che confluiscono in un giudizio finale «complessivo e unitario» (art. 2, comma 1, Testo unico).
In relazione alle attitudini il Testo unico distingue poi due categorie di indicatori utili alla valutazione individuale e comparativa dei magistrati: gli indicatori «generali», di cui agli artt. 6 ss. del Testo unico (Sezione I, Capo I, Parte II), e gli indicatori «specifici», previsti dagli artt. 14 ss. (Sezione II del medesimo Capo).
Ai fini della valutazione comparativa delle attitudini, l’art. 26 stabilisce a sua volta che il giudizio è formulato in maniera complessiva e unitaria, frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori, e precisa come «nell’ambito di tale valutazione, speciale rilievo è attribuito agli indicatori individuati negli articoli da 15 a 23 in relazione a ciascuna delle tipologie di ufficio» (cfr. art. 26, comma 3), e cioè agli indicatori specifici.
Il Consiglio di Stato ha chiaramente posto in risalto, in proposito, che lo «speciale rilievo» attribuito agli indicatori specifici ex art. 26, comma 3, Testo unico va inteso “nel senso, evidenziato dalla relazione illustrativa del T.U., che ‘gli elementi e le circostanze sottese agli indicatori specifici, proprio per la loro più marcata attinenza al profilo professionale richiesto per il posto da ricoprire, abbiano un adeguato spazio valutativo e una rafforzata funzione selettiva’, in ordine alle caratteristiche dell’incarico da conferire.
Pertanto, laddove un candidato possa in concreto vantare indicatori specifici, questo ‘speciale rilievo’ che va ad essi dato implica che non se ne possa pretermettere la valutazione e il peso. Il che, se non significa che senz’altro debbano contrassegnare la prevalenza di quel candidato su altri candidati, impone nondimeno l’onere di una particolare ed adeguata motivazione, nella valutazione complessiva, nell’ipotetica preferenza per un candidato che ne sia privo (o sia in possesso di indicatori specifici meno significativi): per modo che ne sia evidenziata e giustificata, attraverso il puntuale esame curriculare, la maggiore ‘attitudine generale’ o il particolare ‘merito’” (Cons. Stato, sez. V, 31 agosto 2021, n. 6127; id. 4 agosto 2021, n. 5475; 29 marzo 2021, n. 2647; id. 20 ottobre 2020, n. 6328; id. 29 ottobre 2018, n. 6137).
La Sezione ha ancora aggiunto, in via preliminare, che il Csm, organo di rilievo costituzionale cui solo spettano le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, nonché le promozioni ed i provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati (ex art. 105 Cost.) per garanzia dell’indipendenza dell’ordine giudiziario, è titolare – per quanto qui di rilievo, ai fini del conferimento degli incarichi direttivi – di un’ampia discrezionalità, il cui contenuto resta estraneo al sindacato di legittimità del giudice amministrativo salvo che per irragionevolezza, omissione o travisamento dei fatti, arbitrarietà o difetto di motivazione, senza alcun apprezzamento che possa sconfinare nella valutazione di opportunità, convenienza o condivisibilità della scelta (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 11 maggio 2021, nn. 3712 e 3713; id. 12 febbraio 2021, n. 1257; id. 10 febbraio 2021, n. 1238; id. 10 febbraio 2021, n. 1077; id. 11 gennaio 2021, nn. 331 e 332; id. 16 novembre 2020, nn. 7095 e 7098; id. 19 maggio 2020, n. 3171; id. 14 maggio 2021, n. 3047; id. 9 gennaio 2020, n. 192; id. 5 giugno 2019, n. 3817; 4 gennaio 2019, n. 97; id. 5 marzo 2018, n. 1345; id. 23 gennaio 2018, n. 432; id. 17 gennaio 2018, n. 271).
Di qui un sindacato di legittimità astretto ai vincoli e limiti suesposti indicati dalla giurisprudenza sopra richiamata.
Ad avviso della Sezione l’oggettiva consistenza dei dati curriculari nei termini suindicati avrebbe richiesto una (ben diversa e) più adeguata motivazione in ordine alla conclusione di ritenuta equivalenza dei profili dei candidati, conclusione che non risulta invece allo stato esplicabile né ragionevolmente intellegibile alla luce dello scarno passaggio motivazionale speso dal Csm al riguardo.
Tanto in più in un caso, quale quello in esame, in cui l’importanza del posto a concorso, gli eccellenti profili dei candidati in competizione e la indiscutibile rilevanza dei loro curricula impongono – oltre all’attenta, accurata e completa ricognizione di tutti gli aspetti della rispettiva carriera, anche attraverso la opportuna comparazione – un particolare obbligo di motivazione, puntuale ed analitico, tale da far emergere in modo quanto più preciso ed esauriente le ragioni della prevalenza di un candidato sull’altro.
Ferma infatti l’esclusiva attribuzione al Csm del merito delle valutazioni, su cui non è ammesso alcun sindacato giurisdizionale, nella specie la motivazione posta a fondamento della valutazione si manifesta gravemente lacunosa e irragionevole.
Di qui l’illegittimità della delibera, considerato del resto che il vizio ravvisato in relazione agli indicatori specifici – cui compete, insieme a quello di cui alla lett. d) dell’art. 21 lo speciale rilievo nella valutazione di cui all’art. 26, comma 3, (oltreché art. 33) Testo unico- risulta di suo efficiente ai fini dell’alterazione dell’equilibrio motivazionale posto a fondamento della delibera, che, accertato il vizio nei termini suindicati, non vale più a sorreggere e giustificare le conclusioni finali cui il Csm è pervenuto.
Ha infine chiarito la Sezione che l’accoglimento dell’appello implica la rieffusione del potere amministrativo, nel rispetto delle competenze e attribuzioni proprie del Csm, in conformità con le superiori statuizioni.
Va infatti ribadito il principio generale, già affermato dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che l’annullamento degli atti non esautora il Consiglio Superiore della Magistratura dall’esercizio delle funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge, in particolare di conferire gli incarichi direttivi degli uffici giudiziari, comportando invece l’obbligo di riprovvedere, tenendo conto degli specifici motivi che hanno determinato l’annullamento, restando pertanto piena (ed esclusiva) la discrezionalità delle valutazioni di merito sulla prevalenza di un candidato rispetto agli altri (Cons. Stato n. 4584 del 2020).