Diversi giornalisti, ormai da molti anni, si rivolgono al nostro Studio per essere difesi nei processi di diffamazione a mezzo stampa e da ultimo uno di loro G.B. è stato assolto dal Tribunale Penale di Vibo Valentia con la formula “perchè il fatto non sussiste”. La sentenza è del 18.04.2023 con deposito in Cancelleria in data 25 luglio 2023. Nel precitato processo la parte civile era costituita dall’ex magistrato P.P. che durante la sua carriera aveva svolto, anche, le funzioni di Presidente e Procuratore della Repubblica. La parte civile lamentava di aver subito discredito per aver subito una campagna di stampa durissima nonchè a seguito della pubblicazione di un articolo dal titolo: “Inchiesta Dinasty 2: il villaggio del giudice P. e la condanna annullata al boss Mancuso” in cui si attribuiva il ruolo di “proprietaria” all’ex magistrato del villaggio in questione. La parte civile esibiva certificazione di visura camerale da cui risultava che la P.P. non aveva alcun quota di proprietà del noto villaggio vibonese. La difesa dell’imputato, rappresentata dall’Avv. Luigi CIAMBRONE, ha acquisito tutta una serie di sentenze (Tribunale e Corte di Appello di Salerno oltre le decisioni della Suprema Corte di Cassazione anche a Sezioni Unite civili) che riguardavano la vicenda processuale che ha investito la parte civile e la sua fuoriuscita dall’Ordine Giudiziario. Nelle precitate decisioni si rilevava come la stessa Suprema Corte di Cassazione definiva “socio occulto” l’ex magistrato e si disquisiva nel processo a Vibo Valentia sul significato da attribuire al termine “il villaggio del giudice P.” che poteva indicare non una quota di proprietà, secondo la difesa, bensì anche il possesso o la detenzione indiretta tramite prestanome. Durante il processo sono stati sentiti sia la P.G. che ha condotto le indagini preliminari e sia la persona offesa (esame e contro esame) nonchè il giornalista imputato che aveva perseguito il fine dell’interesse generale alla conoscenza dei fatti . All’esito si è aperta la discussione finale ove si è dimostrato l’insussistenza del reato in quanto risultava prevalente il diritto di cronaca rispetto al diritto all’oblio dell’ex magistrato. Insomma è pacifico in giurisprudenza che l’esercizio del diritto di cronaca ha efficacia scriminante riguardo al fatto diffamatorio, a condizione che la notizia divulgata sia vera, rilevante e descritta con continenza espressiva e riportata in modo completo in modo da lasciare libero il lettore di farsi una propria opinione. Il Tribunale penale di Vibo Valentia ha accolto la tesi difensiva del giornalista e ha ritenuto, conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (art. 10 della Carta), che la notizia diffusa dal giornalista G.B. era certamente di interesse pubblico “…in relazione alla qualità dei soggetti coinvolti ed alla materia in discussione, era vera, per come dimostrato dalla documentazione prodotta dalla difesa…” e per il Giudice vibonese il giornalista non aveva “…posto in essere alcuna manipolazione tale da stravolgere i fatti rappresentati”. Insomma un altro giornalista assolto a fronte di una categoria sempre più oggetto di attacchi scomposti ed incondizionati da parte dei soggetti coinvolti nell’informazione di stampa. Ciò che possiamo lamentare, come difesa, a fronte di una assoluzione piena è certamente non contro l’organo giudicante bensì contro l’ufficio di Procura che meglio avrebbe potuto e dovuto analizzare la medesima documentazione poi portata nel processo ma ancor prima nelle indagini preliminari. Dopo trent’anni di professione forense si assiste sempre più alla proliferazione dei rinvii a giudizio che potevano e dovevano arrestarsi prima senza giungere al dibattimento! Un filtro che manca e che il legislatore penale del 1988 aveva voluto, pensato e codificato. Come scriveva il MANZINI “il processo è già di per sè una pena per l’imputato” anche e soprattutto per l’imputato poi assolto come in questo caso.

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