Alcuni giudici del merito affermano tale principio: “In altri termini, deve ragionevolmente configurarsi, con la stipula del contratto un’accettazione del rapporto intrattenuto come titolare di un contratto di lavoro flessibile, inidonea a giustificare e legittimare l’azione, di natura economica del lavoratore”. Orbene la Suprema Corte di Cassazione, in una recente pronuncia, ha affermato esattamente il contrario legittimando i lavoratori alla richiesta risarcitoria. Tale assunto di diritto merita di essere recisamente non condiviso anche e soprattutto alla luce del recente pronunciamento della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, (sentenza n.35145 del 08.11.2023 con pubblicazione in data 15.12.2023 in relazione al ricorso n. 31420/2018) che in sintesi ha così disposto: “Di recente, anche a seguito delle diverse procedure di stabilizzazione dei lavoratori a termine nel settore pubblico privatizzato, si è posta la questione dell’eventuale compatibilità di queste situazioni con il persistere del diritto al risarcimento del danno per la condotta illegittima della PA. Ebbene, la Corte di Cassazione con sentenza n. 35145 del 15/12/2023 è decisamente intervenuta sul punto affermando chiaramente che “Nel lavoro pubblico privatizzato, nelle ipotesi di abusiva successione di contratti a termine, la avvenuta immissione in ruolo del lavoratore già impiegato a tempo determinato ha efficacia riparatoria dell’illecito nelle sole ipotesi di stretta correlazione tra l’abuso commesso dalla amministrazione e la stabilizzazione ottenuta dal dipendente”. Ciò significa, a tenore delle considerazioni espresse dalla stessa Corte, che questa stretta correlazione deve presupporre, da un lato che la stabilizzazione avvenga nei ruoli dell’ente pubblico che ha realizzato la condotta ritenuta abusiva e, dall’altro, che la stessa sia effetto diretto ed immediato dell’illecita condotta tenuta dalla pubblica amministrazione. Si è dunque concluso per l’insussistenza di questi presupposti ogni qual volta l’assunzione a tempo indeterminato non sia direttamente correlata, quale misura riparatrice, all’abuso perpetrato nei confronti del dipendente con l’illegittima successione di contratti a termine, ma discenda dall’esito positivo della partecipazione dello stesso lavoratore ad una procedura concorsuale, ancorché interamente riservata ai dipendenti già assunti a termine. Tutti coloro che hanno avuto più contratti di lavoro con la PA a tempo determinato, con o senza soluzione di continuità, per un periodo superiore ai 36 mesi, possono quindi agire avanti la Sezione Lavoro del Tribunale territorialmente competente nei confronti del medesimo ente amministrativo, deducendo l’illegittimità della reiterazione dei contratti di lavoro a termine, con conseguente richiesta di risarcimento del danno presunto (da 2,5 a 12 mensilità rispetto all’ultima retribuzione globale di fatto ex art. 8 l. 604/1996) e del relativo danno da perdita di chance, se dimostrato.”

Secondo la clausola 5 dell’Accordo quadro recepito nella direttiva 1999/70/CE è previsto che il lavoratore che abbia patito la reiterazione di contratti a termine può avvalersi di una presunzione di legge circa l’ammontare del danno e rilevato che il pregiudizio è normalmente correlato alla perdita di chance di altre occasioni di lavoro stabile, le Sezioni Unite hanno rinvenuto nella L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, una disposizione idonea allo scopo, nella misura in cui, prevedendo un risarcimento predeterminato tra un minimo ed un massimo, esonera il lavoratore dall’onere della prova, fermo restando il suo diritto di provare di aver subito danni ulteriori (cfr., da ultimo, anche Cass. 4.3.2020 n. 6097, Cass. 23.6.2020 n. 12363).

Queste le direttive e i principi su cui i lavoratori si dovranno muovere al fine di porre fine ad una deprecabile prassi giudiziaria di alcuni giudici del lavoro di alcuni distretti giudiziari italiani. Il nostro Studio ha attivato dei ricorsi, anche in sede di appello, al fine di veder applicati i principi di diritto espressi dalla Corte di legittimità che risultano equi e pienamente condivisibili.

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