42 Ordini professionali TSRM-PSTRP di tutta Italia, affidandosi al patrocinio dello Studio Legale CIAMBRONE & MASCARO & Partner, impugnano il Decreto Interministeriale del 27 ottobre 2021, pubblicato sul sito internet istituzionale del Ministero della Salute in data 4 marzo 2022, avente ad oggetto la funzione e il ruolo dell’educatore professionale socio pedagogico negli ambiti socio-assistenziali, socio-sanitari e della salute previsto dall’art. 33 bis della Legge n 126 del 2020, nonché di ogni atto presupposto, connesso e consequenziale.
Il mezzo d’impugnazione è costituito da un ricorso al Presidente della Repubblica (ex art. 8 e segg. D.P.R. n. 1199/1971) e nei confronti del Ministero della Salute; MIUR e Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Com’è noto, ai sensi dell’art. 9, quarto comma, del D.P.R. del 24.11.1971, n. 1199 ai controinteressati è assegnato un termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso per presentare al Ministero che istruisce l’affare deduzioni e documenti ed eventualmente per proporre ricorso incidentale. Ai sensi dell’art. 11, comma 2, del medesimo decreto Presidenziale, entro centoventi giorni dalla scadenza del termine previsto dal precitato art. 9, quarto comma, il ricorso, istruito dal Ministero competente, è trasmesso, insieme con gli atti e i documenti che vi si riferiscono, al Consiglio di Stato per il parere. Trascorso il detto termine, il ricorrente può richiedere, con atto notificato al Ministero competente, se il ricorso sia stato trasmesso al Consiglio di Stato. In caso di risposta negativa o di mancata risposta entro trenta giorni, lo stesso ricorrente può depositare direttamente copia del ricorso presso il Consiglio di Stato. Infatti a partire dal 1° luglio 2021, il deposito diretto dei ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, previsto va effettuato con deposito al Consiglio di Stato.
Fra le varie violazioni si è posta una precisa eccezione di legittimità costituzionale e si è affrontato l’ammissibilità della precitata eccezione in un ricorso straodinario al capo dello Stato.
Si è rimarcato come gli Ordini ricorrenti siano investiti del compito di difendere in sede ricorsuale gli interessi degli iscritti di cui hanno la rappresentanza istituzionale, stante la violazione, nel caso che ci vede occupati, di norme essenziali inerenti all’esercizio professionale e alla qualità e appropriatezza delle prestazioni.
Com’è noto, dopo un periodo di opposte tesi, è prevalso l’orientamento, avallato anche dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha sposato la tesi della natura giurisdizionale del ricorso straordinario.
Invero, la Corte Europea ha stabilito che il Consiglio di Stato, quando solleva questioni di interpretazione di norme comunitarie in sede di parere su ricorso straordinario, costituisce una giurisdizione ai sensi dell’art. 267 T.U.E.
In questa prospettiva, il ricorso straordinario sarebbe funzionalmente identico al ricorso giurisdizionale ed il parere reso dal Consiglio di Stato avrebbe lo stesso contenuto di una sentenza.
Diversamente opinando, non si spiegherebbe il regime di alternatività che il legislatore prevede con il ricorso giurisdizionale.
Tale alternatività presuppone, infatti, un’identità naturale fra i due strumenti di tutela.
Le considerazioni sin qui esposte meritano di essere rivisitate alla luce del mutato panorama legislativo.
Al riguardo, giova prendere atto delle due importanti novità introdotte, nella disciplina sul ricorso straordinario, dalla legge 18 giugno 2009, n. 69.
In particolare, il primo comma dell’art. 69 della citata legge introduce, sotto forma di periodo aggiunto al testo di cui all’art. 13 d.P.R. n. 1199/1971, una norma che espressamente legittima il Consiglio di Stato, adito in sede di ricorso straordinario, a sollevare questione di legittimità costituzionale “ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87”, ove è richiesto che la questione di legittimità sia sollevata, a pena di inammissibilità, da un’autorità giurisdizionale nell’ambito di un giudizio.
Alla luce della summenzionata novella legislativa, la dottrina ha evidenziato come la nuova norma paia implicitamente presupporre il riconoscimento di una condizione sostanzialmente equivalente alla “giurisdizionalità”, secondo l’accezione propria del diritto interno, e non solo ai fini della richiesta di interpretazione preventiva della Corte di Giustizia.
Su altro fronte, invece, la L. n. 69/2009 modifica l’art. 14 d.P.R. n. 1199/1971.
La richiamata disposizione prevede che la decisione del ricorso straordinario, adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro competente, debba essere “conforme al parere del Consiglio di Stato”.
Trattasi di un parere obbligatorio e vincolante, perché il Ministro competente non potrà più sollecitare (come gli era consentito nella previgente disciplina) l’intervento del Consiglio dei Ministri al precipuo fine di disattenderlo.
In questa logica, il decreto presidenziale che chiude il procedimento non può essere ricondotto nell’alveo degli atti sostanzialmente governativi.
Deve segnalarsi che una parte della dottrina, al fine di suffragare ulteriormente la tesi in parola, evidenzia come la soluzione al problema della giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario debba ravvisarsi nell’art. 7, comma 8, del Codice del processo amministrativo, secondo cui “il ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa”.
La suesposta previsione, infatti, è collocata sotto la rubrica “Giurisdizione amministrativa”, cui sono intitolati il capo III del libro I e l’art. 7 stesso.
Com’è noto la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 73 dell’anno 2014 ha così statuito: “ Preliminarmente, deve riconoscersi la legittimazione del Consiglio di Stato a sollevare questioni di legittimità costituzionale in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Come già affermato da questa Corte ai fini dell’ammissibilità di questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede di parere sul ricorso straordinario al Presidente della Regione siciliana (sentenza n. 265 del 2013), l’art. 69, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile), modificando il testo dell’art. 13, primo comma, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi) ha stabilito che l’organo competente ad esprimere il parere sul ricorso straordinario al Capo dello Stato, «Se ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, sospende l’espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai www.ildirittoamministrativo.it 6 sensi e per gli effetti di cui agli artt. 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87, nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati». Tale disposizione, contenuta in una legge ordinaria, è coerente con i criteri posti dall’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, ai sensi del quale la questione di legittimità costituzionale deve essere rilevata o sollevata «nel corso di un giudizio» e deve essere ritenuta non manifestamente infondata da parte di un «giudice». L’istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, cui questa Corte in passato aveva riconosciuto natura amministrativa, soprattutto in ragione della facoltà del Consiglio dei ministri di adottare una decisione difforme dal parere del Consiglio di Stato (sentenza n. 254 del 2004), è stato di recente oggetto di importanti interventi legislativi. Tra questi rileva, in particolare, l’art. 69, secondo comma, della legge n. 69 del 2009, che, modificando l’art. 14 del d.P.R. n. 1199 del 1971, ha stabilito che «La decisione del ricorso straordinario è adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministero competente, conforme al parere del Consiglio di Stato». L’acquisita natura vincolante del parere del Consiglio di Stato, che assume così carattere di decisione, ha conseguentemente modificato l’antico ricorso amministrativo, trasformandolo in un rimedio giustiziale, che è sostanzialmente assimilabile ad un “giudizio”…”
In altri termini, riconosciuto l’effetto giurisdizionale del provvedimento del Capo dello Stato non può che ammettersi la devoluzione anche di una questione di non manifesta infondatezza di costituzionalità di una norma impugnata, come nel caso che ci vede occupati.