Confermata l’applicazione della misura degli arresti domiciliari. Precedentemente l’uomo ha violato il divieto di avvicinamento alla donna impostogli in origine. Irrilevante per i Giudici il richiamo difensivo a due messaggi amichevoli inviati dalla donna all’ex compagno.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 giugno – 28 luglio 2020, n. 22785
Chi voglia esprimere ragioni di preoccupazione sulle condizioni della giustizia penale italiana non ha che l’imbarazzo della scelta: fra necessità di una riforma della disciplina in tema di intercettazioni, pessima tecnica redazionale della normativa sostanziale e processuale, legislatore supino all’emotività del momento così che l’introduzione di nuove fattispecie criminose risponde alle richieste populistiche e quasi mai è il risultato di una ponderazione delle diverse esigenze, supposta necessità di rivisitare l’istituto della prescrizione – il tutto senza poi considerare l’ormai atavica mancanza di risorse dedicate al funzionamento della macchina giudiziaria – i profili di criticità del processo e del diritto penale non paiono certo mancare. A fronte di tali sintomi di malfunzionamento del processo penale nostrano, la magistratura spesso non può far altro che alzare le mani; si potrà contestare – ma autorevoli ricerche internazionali dicono il contrario – la produttività dei giudici italiani, si potrà criticare il protagonismo di alcuni magistrati, specie del corpo inquirente, si potrebbe dibattere sul relativo grado di preparazione degli stessi, ma certo pare difficile negare che gran parte delle problematiche sopra accennate non siano risolvibili se non per il tramite di un intervento del legislatore.
Su un solo aspetto, la magistratura sembra aver assunto l’iniziativa, rimettendo a se stessa il compito di migliorare le cose senza attendere l’aiuto né del legislatore né della classe politica. In particolare, una sorta di “autoriforma” del sistema giudiziario pare aver interessato il giudizio di Cassazione, altro ambito in cui– come è noto – i profili di criticità non scarseggiano: basterebbe richiamare a mero titolo esemplificativo il gran numero di gravami da cui è investita la Corte di cassazione, l’assenza di strumenti idonei a garantire il formarsi di orientamenti consolidati nei percorsi giurisprudenziali, la mancanza di qualsiasi vincolo da riconoscere ai precedenti quand’anche provenienti dalle Sezioni unite, i tempi assai lunghi per pervenire alla decisione finale ecc… (cfr. Ciro SANTORIELLO).
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Genova, pronunziando ex art. 310 cpp, ha sostituito la misura cautelare della custodia in carcere, disposta per aggravamento della precedente misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa, con quella degli arresti domiciliari nei confronti dell’attuale ricorrente, per il delitto di cui all’art 612 bis cp nei confronti della donna con cui aveva intrattenuto una relazione sentimentale; epoca del fatto da Novembre 2019.
1. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di fiducia dell’indagato, che, col primo motivo, ha dedotto la violazione degli artt. 293/1 ter e comma 3 cpp nonché degli artt. 177 e 178 cpp per il ritardato avviso del deposito dell’ordinanza di aggravamento, emessa il 27 Febbraio ed eseguita il giorno successivo mentre la notifica dell’avviso di deposito era del 16 Marzo 2020, 18 giorni dopo l’esecuzione del provvedimento restrittivo. Il ritardo avrebbe pregiudicato il pieno esercizio del diritto di difesa.
2. Tramite il secondo motivo è stata dedotta la manifesta illogicità della motivazione e la violazione di legge in relazione all’art 612 bis cp per la ritenuta sussistenza dei gravi indizi. Sul punto il ricorrente ha dedotto la mancanza di credibilità della persona offesa e l’assenza di attendibilità delle sue dichiarazioni; la prima avrebbe più volte mentito sui comportamenti violenti e minacciosi che l’indagato avrebbe tenuto ai suoi danni e le seconde sarebbero smentite dalle informazioni assunte in sede di indagini difensive dai genitori del ricorrente e da un amico. Inoltre i Giudici della cautela avrebbero mancato di rispondere agli elementi indicati dalla difesa a sostegno delle sue deduzioni.
Tramite il terzo motivo ci si è doluti della contraddittorietà della motivazione, che aveva considerato le condotte, in tesi di accusa persecutorie, realizzate fin da Novembre 2019 mentre la difesa aveva prodotto messaggi provenienti dalla persona offesa di Gennaio 2020 dal contenuto inequivocabilmente amichevole nei confronti dell’indagato ed incompatibili con l’ipotesi accolta dai Giudici del merito cautelare.
Infine, si è censurata la ritenuta presenza delle esigenze cautelari circa il pericolo di reiterazione di condotte analoghe.
All’odierna udienza il PG, dr.ssa Lo., ha concluso per l’inammisibilità.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile, avendo in linea generale proposto censure sul merito del ragionamento decisorio del Tribunale, limitandosi a rappresentare una versione alternativa e favorevole all’indagato degli elementi indiziari presi in considerazione dai Giudici genovesi. Occorre premettere “in fatto” che la prima ordinanza cautelare ex art 282 ter cpp risale al 10 Febbraio 2020. Le prescrizioni di non avvicinarsi alla persona offesa erano state violate dall’indagato ed il Gip, a seguito di una seconda denunzia proveniente dalla stessa persona offesa e su richiesta del PM aveva aggravato la misura, disponendo la custodia cautelare in carcere. Il Tribunale del riesame, con il provvedimento oggetto di ricorso, ha rimodulato la misura più restrittiva, sostituendola con quella degli arresti domiciliari, come del resto richiesto dalla stessa difesa.
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, in quanto – come già osservato dai Giudici genovesi – il ritardo, nella specie sicuramente verificatosi come dedotto dal ricorrente -nell’avvisare il difensore del deposito dell’ordinanza cautelare non determina alcuna violazione, né pregiudizio del diritto di difesa, poiché non incide sulla possibilità di far valere i vizi del provvedimento, ma solo sulla decorrenza dei termini per proporre l’impugnazione, Sez. 6 ; Sentenza n. 13421 del 05/03/2019 c.c. (dep. 27/03/2019 )Rv. 275983. La motivazione della pronunzia citata ha chiarito che neppure l’omessa notifica al difensore dell’avviso prima dell’interrogatorio di garanzia – che nel caso in esame neppure vi è stato, essendosi in presenza di un aggravamento di precedente misura – determina una nullità di quest’ultimo, la quale consegue esclusivamente alla mancata disponibilità, per lo stesso difensore, degli atti (ordinanza, richiesta del P.M. e documenti su cui la richiesta si fonda) nella cancelleria del Giudice che ha emesso l’ordinanza. In proposito SU 26798 del 2005 ha evidenziato che la garanzia del pieno esercizio del diritto di difesa risiede nell’avvertimento ex art 293/1 cpp dell’esecuzione della misura cautelare in quanto il difensore che ne è avvertito ben sa che gli atti sui quali il provvedimento si fonda devono trovarsi nella cancelleria del Giudice ove potrà consultarli ed estrarne copia, essendo legittimato nel caso di omesso deposito a denunziare la situazione in sede di interrogatorio.
Nel caso concreto la difesa, avendo avuto acceso agli atti depositati nella Cancelleria del Gip ha – ovviamente – potuto impugnare l’ordinanza di aggravamento nel pieno esercizio delle sue prerogative.
2. Per quanto attiene il merito delle doglianze avanzate nel secondo e terzo motivo del ricorso -come si è anticipato – esse si risolvono in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del materiale indiziario scrutinato senza alcuna illogicità né lacuna ricostruttiva dal Tribunale di Genova. Infatti, pur avendo ritenuto che la questione dei gravi indizi non potesse essere proposta in sede di appello avverso l’ordinanza di aggravamento, non essendo stato promossa istanza di riesame, il Collegio – alle pagine 3 e 4 del testo – ha sinteticamente dato atto della presenza degli elementi indiziari a carico dell’indagato e delle condotte di quest’ultimo che avevano determinato l’aggravamento della misura cautelare del divieto di avvicinamento, giudicando inadeguata la precedente misura, a causa della personalità dell’attuale ricorrente, dimostratosi privo di autocontrollo e della razionalità necessaria ad accettare la decisione della donna di interrompere la relazione in precedenza intrecciata e congrua la misura degli arresti domiciliari, che la difesa aveva fatto oggetto di richiesta.
2.1 Del tutto generica, nel senso che non ha relazione con la motivazione che ha inteso censurare, appare anche la lamentela incentrata sull’ipotizzata contraddittorietà del percorso giustificativo quanto all’epoca del commesso reato, che ha preteso di desumere da due messaggi inviati dalla persona offesa all’indagato, che denoterebbero la falsità della denunzia querela presentata il 3 Febbraio 2020 e l’inattendibilità della persona offesa. Tuttavia la doglianza non si è confrontata con la motivazione adeguata resa sul punto dai Giudici del merito cautelare, che hanno sottolineato la pluralità di messaggi provenienti dall’indagato in quel medesimo periodo, di contenuto offensivo e minatorio, correttamente giudicando tali condotte, nel quadro indiziario già chiaramente delineato, alla stregua della norma ex art 612 bis cp. Sul punto il ricorrente in definitiva ha richiesto a questa Corte un’inammissibile interpretazione alternativa dei dati indiziari rispetto a quella in nulla illogica resa dal Tribunale. 2.2 D’altra parte – solo per esigenza di completezza della motivazione – in proposito deve ricordarsi l’orientamento seguito dalla giurisprudenza di legittimità – cui il Collegio intende dar seguito – secondo il quale il temporaneo ed episodico riavvicinamento della vittima al suo persecutore, che del resto nel caso in esame è stato solo implicitamente ipotizzato dal ricorrente, non interrompe l’abitualità del reato, né inficia la continuità delle condotte, quando sussista – come i Giudici del riesame hanno congruamente dimostrato – l’oggettiva e complessiva idoneità delle condotte a generare nella vittima un progressivo accumulo di disagio, che degenera in uno stato di prostrazione psicologica in una delle forme descritte dall’art. 612-bis cod. pen. Sez. 5 – , Sentenza n. 46165 del 26/09/2019 Ud. (dep. 13/11/2019 ) Rv. 277321. Il principio è stato affermato in una fattispecie concreta relativa ad atti persecutori commessi dal padre nei confronti della madre non convivente del figlio minore ma può probabilmente estendersi, per fatto notorio sulla base di dati di comune esperienza delle cose, alla pluralità dei casi di delitti di stalking, in cui i precedenti complessi rapporti sentimentali tra le parti giustificano la presenza di relazioni, e quindi comportamenti, ambivalenti in particolare della vittima nei confronti dell’autore del delitto.
3. Genericissima, infine, è la doglianza sulla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari circa il pericolo di recidiva che è limitata ad un’elencazione dei principi elaborati da questa Corte sul giudizio di pericolosità ex art 274 lett. c cpp senza alcun riferimento alla fattispecie concreta. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro tremila in favore della cassa ammende. Va disposto l’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell’art 52 D.Lgs. 196/2003.