Fermo amministrativo auto : dopo l’Ordinanza nr. 875 del 2007 “cassata” la questione di costituzionalità.

La vicenda.

Ricorderanno i lettori che la vicenda riguardava una cittadina catanzarese che si era rivolta al giudice del lavoro del Tribunale di Catanzaro per contestare la tenutezza di contributi previdenziali per un importo di circa 80.000,00 Euro. L’E.T.R. S.p.A. di Catanzaro, a tutela del credito vantato, aveva adottato il fermo amministrativo auto sulla ricorrente impedendogli, di fatto, di potersi recare al lavoro presso una clinica privata catanzarese.

Il giudice del lavoro adito, nella fase ex art. 700 c.p.c., dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in  favore del Giudice Amministrativo.

Previa riassunzione nel merito della controversia si proponeva istanza di regolamento preventivo di giurisdizione (avendo il T.A.R. Calabria, in altra procedura, dichiarato il difetto di giurisdizione del G.A. in favore del G.O.), innanzi il Giudice del Lavoro, che ritenutola fondata e pertinente, nonostante la ferma opposizione dell’E.T.R. S.p.A. di Catanzaro, e previa sospensione cautelare del fermo auto irrigato,  sospendeva la causa in attesa della decisione del  massimo Consesso di piazza Cavour.

La decisione è stata depositata in data 17 gennaio è l’Ordinanza  nr. 875.

Le Sezioni Unite Civili:

Nell’Ordinanza in commento il massimo Consesso di Piazza Cavour ha  ribadito  la giurisdizione del Giudice Ordinario .

La novità dell’Ordinanza oggi in esame, rispetto a quelle già emesse in precedenza, è data dal fatto che la Suprema Corte ha definitivamente “cassato” la questione di costituzionalità sollevata.

La decisione contrasta, in relazione alla considerazione di manifesta infondatezza delle eccezioni di legittimità costituzionale, con la decisione del  Consiglio di Stato, Sezione VI,   ordinanza del 13 aprile 2006 n. 2032, che non uniformandosi all’orientamento della sussistenza della giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria ha ritenuto di investire del problema la Corte Costituzionale sul presupposto che tale criterio si risolverebbe in una deminutio di tutela giurisdizionale. La stessa Sezione VI, con ordinanza 4-18 luglio 2006 n. 4581, ha ulteriormente sollevato questione di legittimità costituzionale, ribadendo il solco esistente, con relativo “braccio di ferro”, tra le Sezioni Unite della Cassazione, la Sezione Quarta e Quinta del Consiglio di Stato, e una larga fetta di giurisprudenza di primo grado, da una parte, e l’isolata posizione della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, dall’altra.

Nella decisione, depositata in data 17 gennaio, le Sezioni Unite Civili, nel richiamare le ordinanze del 31 gennaio 2006, n. 2053 e 23 giugno 2006, n. 14701, hanno ribadito che la questione di legittimità costituzionale sul predetto criterio di riparto della giurisdizione in materia di fermo amministrativo è stata dichiarata manifestamente infondata con l’ordinanza n. 14701 del 23 giugno 2006.

In altri termini per le Sezioni Unite Civili la questione di costituzionalità è stata “cassata”!

Da ultimo il c.d. “Decreto Bersani”  ex art. 19 (D.L. 04.07.2006 n. 223 poi convertito in Legge 04.08.2006 n. 248), in relazione al fermo amministrativo auto e dell’ipoteca giudiziale sugli immobili, ha stabilito, com’è noto, la giurisdizione del giudice tributario (dal mese di luglio 2006 in poi).

In altri termini, per tutti i ricorsi incardinati prima del Luglio 2006 la competenza, in virtù dell’orientamento delle Sezioni Unite Civili della Cassazione (sentenza in commento), appartiene al Giudice ordinario dell’opposizione all’esecuzione o agli atti amministrativi. Per gli altri ricorsi, dopo il decreto c.d. “BERSANI”, la competenza è delle Commissioni Tributarie.

Tra i Giudici di piazza Cavour ed i Giudici di piazza Capo di Ferro si è aperto un solco che l’odierna decisione ha ritenuto di mantenere!

Le Sezioni Unite, infatti, hanno ritenuto di non investire la Corte Costituzionale in quanto la questione sollevata  dal Consiglio di Stato è stata dichiarata manifestamente infondata.

Piero CALAMANDREI, in “Elogio dei Giudici, scritto da un Avvocato” ricordava, come la motivazione delle sentenze è certamente una grande garanzia di giustizia, quando riesce a riprodurre esattamente, come in uno schizzo topografico, l’itinerario logico che il giudice ha percorso per arrivare alla sua conclusione.

Nel caso che ci vede occupati non si è compreso lo “schizzo topografico” dell’Ordinanza in commento sopratutto ove si pensi che era stata posta dalla ricorrente, fra l’altro, la questione di incostituzionalità del fermo amministrativo in relazione agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione sotto il profilo della ritenuta lesione del diritto di difesa del cittadino, derivante, in sostanza, dall’emissione del fermo amministrativo in assenza di qualsiasi contraddittorio con il cittadino, che, se sentito, avrebbe potuto contribuire ad orientare le determinazioni del concessionario in maniera più adeguata.

In relazione all’art. 97 Cost. per la violazione del principio di imparzialità e di buon andamento dell’Amministrazione.

Violazione dell’art. 42 Costituzione per aver l’atto autoritativo di fermo amministrativo limitato la facoltà di godimento del diritto di proprietà.

Appare utile evidenziare che le eccezioni precitate non intendono distruggere il fermo amministrativo, in quanto tale, ma desiderano riempirlo di contenuti atti a tutelare sia l’Amministrazione che il cittadino. Non v’è dubbio che il fermo deve armonizzarsi con tutte le norme del nostro ordinamento e per come viene applicato oggi, lo stesso, se pur di natura cautelare, deve essere preceduto da una comunicazione di apertura del procedimento che deve essere notificato al cittadino contribuente. A nulla rileva il termine di giorni venti che non soddisfa un vero contraddittorio fra le parti.

 Le argomentazioni appena esposte si appalesano   condivisibili, giacché è innegabile che la fase amministrativa conseguente alla richiesta dell’ETR, di emissione del fermo amministrativo, si svolge, innanzi al PRA, nell’attuale assetto normativo, in assenza di ogni forma di reale contraddittorio e senza possibilità alcuna, per il cittadino, di interloquire sulla richiesta avanzata dai concessionari. Tale situazione procedimentale, se poteva conciliarsi con il sistema normativo anteriore all’entrata in vigore della legge costituzionale sul giusto processo, appare, invece, in evidente distonia con il principio di diritto da ultimo introdotto, che impone una revisione degli orientamenti precedenti, stratificatisi in un contesto normativo e culturale ben diverso da quello attuale. In particolare, è indubbio che tutte le recenti riforme legislative siano orientate nel senso di garantire l’effettività del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento sia penale sia civile sia amministrativo. Ciò mira ad assicurare il pieno contraddittorio e la posizione di parità delle parti sin dalla fase iniziale del procedimento amministrativo e non solo nella fase processuale vera e propria. In tale fase processuale quelle garanzie di contraddittorio di parità delle parti di cui si fa  menzione al secondo comma del citato art. 111 della Cost., per il quale “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità davanti al giudice terzo e imparziale”, non sono affatto assicurate nella procedura del fermo amministrativo in quanto si consente l’applicazione del fermo sulla base della sola richiesta del concessionario e senza alcuna possibilità, da parte del cittadino di esporre le proprie ragioni. Eppure il concessionario, in detta fase del procedimento, conserva pieni poteri di autotutela che non vengono quindi attivati. Se così è, appare evidente che la mancanza di contraddittorio, finisce con il  menomare il diritto di difesa, in quanto la decisione dell’ETR, che potrebbe anche comportare la revoca della decisione di applicare il fermo, viene presa senza alcuna considerazione dell’eventuali ragioni del cittadino, impossibilitato ad esprimerle nella fase iniziale dell’attuale procedimento di fermo amministrativo quale non è neppure prevista, la notifica al cittadino di un avviso di avvio di un procedimento di tale natura. Né varrebbe obiettare che anche nel caso del fermo amministrativo è previsto un contraddittorio, sia pure eventuale e differito giacché conseguente all’esercizio del diritto di impugnazione da parte del cittadino. E, invero, innegabile che l’esercizio di tale diritto di impugnazione mentre, da un lato, non impedisce l’esecutività del fermo amministrativo, dall’altro, è destinato (senza alternativa) a dare ingresso al “giudizio” nelle sue varie forme. E’ chiaro, invece, che laddove al cittadino venisse data la possibilità di interloquire ancor prima dell’emissione del fermo amministrativo, lo stesso potrebbe anche, astrattamente, ottenere una revoca anticipata da parte dell’ETR, senza dover subire l’instaurazione del giudizio. Si potrebbe realizzare tutto ciò con un contraddittorio meramente cartolare, realizzabile mediante la concessione di un breve termine per la presentazione di memorie da parte del cittadino, consentendo di bilanciare adeguatamente i diversi interessi in gioco.

Memoria che, nell’attuale assetto dei 20 giorni, non può dirsi efficacemente proposta in quanto al contribuente deve essere notificato l’atto di imposizione del fermo e non il semplice prestampato di comunicazione.

Non occorre spendere molte parole in ordine alla rilevanza della questione.

La procedura si appalesa incostituzionale anche in relazione all’art.97 Cost. per violazione del principio di imparzialità e di buon andamento. Com’è noto la P.A., nel caso di specie il soggetto rivestito dall’organo (per mutuare dal noto costituzionalista calabrese MORTATI), nel suo funzionamento deve ispirarsi a criteri di imparzialità.

Si denuncia la violazione dell’art. 42 Costituzione in relazione al fatto che l’obbligo previsto dall’art. 86, comma 2, del D.P.R. 602/73 non può dirsi soddisfatto solo con la comunicazione del provvedimento di fermo.

Infatti è necessaria la notifica dell’atto di fermo al fine di porre il ricorrente in grado di verificare i motivi, la legittimità dell’emanato provvedimento e ciò per evidenti ragioni di trasparenza dell’azione amministrativa imperativa, ancora più imperiose in caso di atti autoritativi limitativi delle normali facoltà di godimento del diritto di proprietà costituzionalmente tutelato.

Per tali motivi si era chiesto  alla Suprema Corte  di voler  sollevare, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 86 DPR 29.09.1973 n.602 e succ. mod., in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 97 e 111 della Cost., nella parte in cui non prevede che il concessionario prima di emettere il fermo amministrativo, debba consentire l’intervento del cittadino, sia pure a livello cartolare.

Da ultimo la questione è stata sollevata, anche per altra vicenda, innanzi la Commissione Tributaria Provinciale di Catanzaro che ha riservato la decisione.

Al cittadino che ritenga lesi i suoi diritti costituzionalmente protetti (proprietà, salute, giusto processo ecc.) non rimane altro che continuare a sollevare, innanzi le Commissioni Tributarie, le eccezioni di incostituzionalità del fermo amministrativo auto sperando di trovare Giudici sensibili alla problematica e non, come spesso ci è dato riscontrare purtroppo, arroccati in “trincea” in attesa che altri sollevino la questione e che la Consulta decida, ovviamente, poi per tutti.

L’ultima parola, ora, spetta proprio alla Corte Costituzionale !

(Avv. Luigi CIAMBRONE      )           (Avv. Antonella MASCARO)

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