“Assistenza a diversamente abile nella prospettiva sussidiaria e dinamica della famiglia: alla Consulta la decisione sul diritto al congedo straordinario retribuito”.

(T.A.R. Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria, Ordinanza n. 656 del 10 ottobre 2012 depositata in Segreteria in data 07 novembre 2012)

di Antonella Mascaro e Luigi Ciambrone *

La vicenda processuale: Un assistente Capo di Polizia Penitenziaria presentava richiesta di trasferimento nel luogo di residenza familiare a causa di un aggravamento delle condizioni di salute di suo zio, componente del medesimo nucleo familiare sin dal 1985. Il padre del ricorrente era morto nel 1977 e sin da allora lo zio aveva spontaneamente deciso di provvedere al mantenimento della famiglia della sorella rimasta prematuramente vedova. Alla morte della madre del ricorrente nel 1985, lo zio e sua moglie furono nominati con decreto del Giudice Tutelare, rispettivamente protutore e tutore dei due minori. Nel 1990, epoca in cui il ricorrente non aveva ancora raggiunto la maggiore età, lo zio, rimasto vedovo, aveva continuato a occuparsi in modo esclusivo dei due nipoti. Purtroppo però, da quella triste data, era seguito un grave decadimento psicofisico, riconosciuto dalla Commissione Medica dell’ASP, che gli precludeva la possibilità di deambulazione, nonché lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Il ricorrente, che fino a quel momento aveva provveduto all’assistenza dello zio – padre attraverso la concessione di permessi e congedi straordinari, alla luce dell’ulteriore aggravamento di salute dello zio, ha sentito ancora più impellente la necessità di una sua maggiore presenza nell’assistenza del familiare, anche in considerazione della dichiarata impossibilità di occuparsi dello zio da parte della sorella del ricorrente. Lo zio, a seguito dei fatti appena illustrati, ha autonomamente scelto di andare a vivere presso il ricorrente, unico familiare rimasto a poter farsi carico della sua assistenza. L’amministrazione interessata rigettava sia la richiesta di trasferimento in sede più agevole e revocava i congedi straordinari già concessi intimando la restituzione delle somme inerenti la retribuzione. L’assistente Capo di Polizia Penitenziaria impugnava, per connessione, entrambi i provvedimenti negativi innanzi il TAR Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria.

Il commento alla decisione: All’udienza pubblica del 10 ottobre il ricorso veniva trattenuto per la decisione nel merito (la fase cautelare si era già conclusa con la presa d’atto di un distaccamento temporaneo del lavoratore presso la sede di cui si chiedeva il trasferimento) e il TAR Calabria ha emesso due distinti provvedimenti. Uno è la sentenza non definitiva di annullamento del rigetto dell’istanza di  trasferimento e l’altro è l’Ordinanza di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata dalla difesa del ricorrente. Di particolare interesse appare quest’ultima Ordinanza che ha ritenuto la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, D.Lgs. 26 marzo 2001 n. 151, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32, 118, comma 4, nonché 4 e 35 della Costituzione, nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei, non consente ad altro parente o affine convivente di persona diversamente abile in situazione di gravità, debitamente accertata, di poter fruire del congedo straordinario; solo in via subordinata, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto l’affine di terzo grado convivente, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave e, sempre, debitamente accertata. Il TAR calabrese, nell’ordinanza in questione, ha evidenziato la ratio dell’istituto che consiste sostanzialmente nel favorire l’effettività dell’assistenza al diversamente abile che rappresenta, anche, una forma di tutela della famiglia. La Corte Costituzionale, com’è noto, ha sempre considerato fondamentale la centralità del ruolo della famiglia nell’assistenza del diversamente abile, in particolare, nel soddisfacimento dell’esigenza di socializzazione quale fondamentale sviluppo della personalità e idoneo strumento di tutela della salute del disabile intesa nella sua accezione più ampia (in particolare Corte Cost. sent. N. 350 del 2003). Sulla base di questi principi ha ampliato la sfera dei beneficiari di tale diritto al congedo straordinario nei confronti del coniuge convivente (Corte Cost. sent. 8 maggio 2007 n. 158)  e poi al figlio convivente (Corte Cost. sent. 30 gennaio 2009 n. 19). Il TAR calabrese pone l’accento sulla legittimazione della famiglia nel suo insieme a “… divenire strumento di assistenza al disabile, legittimazione che deriva tanto dal dovere di solidarietà, …, quanto dal corrispondente diritto del singolo di provvedere all’assistenza materiale e morale degli altri membri, ed in particolare quelli più deboli e non autosufficienti…” (cfr. Ordinanza in esame). L’art. 42, comma 5, D.Lgs. n, 151 del 2001, delimitando il raggio d’azione d’intervento dei familiari a favore del soggetto più debole (includendo nel novero dei beneficiari del congedo straordinario solo il coniuge, i genitori, il fratello e il figlio convivente) non tiene conto di situazioni più variegate meritevoli, ugualmente, di tutela come nel caso dell’affine di terzo grado in linea collaterale. A parere dei giudici amministrativi calabresi è stato violato anche il principio di sussidiarietà orizzontale con compressione dei sodalizi sociali, tra cui può includersi la famiglia, che devono operare quali corpi intermedi fra lo Stato e l’individuo. Una lettura combinata delle disposizioni costituzionali che si assumono violate deve indurre a valorizzare la famiglia come nucleo sociale che si relaziona all’esterno, anche con le istituzioni pubbliche, divenendo strumento di attuazione di interessi generali, quali il benessere della persona e l’assistenza sociale. L’attuale stesura dell’art. 42, comma 5, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, continuano i giudici remittenti, risulta troppo rigorosa e restrittiva e frusta la prospettiva sussidiaria e dinamica della famiglia. Di fronte ad una posizione sostanzialmente identica di un congiunto convivente rispetto a quella degli altri soggetti già previsti dalla norma, la mancata inclusione di ulteriori ipotesi appare ingiustamente discriminatoria in violazione, anche, dell’art. 3 della Costituzione. Il Tribunale, quindi, ha sospeso il giudizio sollevando la questione di legittimità costituzionale, demandando alla Consulta la decisione sulle norme in commento.

*Avvocati Magistrature Superiori del Foro libero di Catanzaro.

Categorie: Notizie